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capodanno a new york 2012 foto cecilia polidori

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"Si continua ad abbandonare qualcosa. Si continua a dire addio. Il problema, forse, è cercare d'inventare nuove perfezioni, pensare che ogni momento è una perfezione che comunque si può perfezionare..."

Ettore SOTTSASS, Scritto di notte, maggio 2010

"Si procede per tentativi, valutando empiricamente le diverse soluzioni possibili..."

Enzo MARI, 25 modi per piantare un chiodo, marzo 2011

la foto di fondo è un autoritratto dell'Autrice all'esterno di The Cloud Gate, AT&T Plaza, Millenium Park, S Michigan Ave, Chicago, Illinois, comunemente chiamato The Bean, il Fagiolo,agosto 2011

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martedì 27 dicembre 2011

Max Bill

Max Bill è stato una figura poliedrica dell’arte moderna. Allievo di
Walter Gropius al Bauhaus, ne raccoglie l’eredità per fondare una scuola a ulm, polo d’attrazione per giovani artisti. Nel frattempo, per un arco di tempo della sua vita, si è identificato con la professione di architetto; ma egli non è soltanto uno dei più importanti e riconosciuti architetti : è stato anche pittore, scultore e designer. Inoltre Bill era un eccellente grafico, un tipografo che dava impulsi innovativi, un ottimo insegnate, un riconosciuto teorico dell’arte e un apprezzato allestitore di esposizioni. Era, dunque, dotato di almeno quattro talenti a livello quasi geniale.
Max Bill era un "homo universalis" dell'arte.
Max Bill
Nei suoi progetti di disegno industriale, Max Bill, basava i suoi concetti di lavoro sulla misura e sulla proporzione. Rappresentava la bellezza o il bisogno di progettare un oggetto che fosse anche bello, non solo in modo elementare, ma con pari dignità di funzione. Secondo Bill non bisognava solo discutere se la forma fosse buona o cattiva, ma ragionare sulla base di un’ampia scelta di esempi.
Max Bill : “Mi sento di tanto in tanto di dover provare a ripensare ad un certo oggetto in modo nuovo per dargli una forma utile e bella che corrisponda al suo scopo”.
La concezione di Bill riguardo il prodotto industriale ideale si tradusse in maniera diretta nel progetto di nuove lampade indirette per la B.A.G. Turgi. Egli progetta per la sua “indiphot”- lampada a pendolo a luce indiretta: un guscio esteriore fatto di tagli di luce che si illuminano a due margini estremi e montano in modo da reggersi nel pieno della sua fisicità. Una vera e propria “progettazione funzionale” che si pone l’obbiettivo di arrivare ad essere “ forma” plastica incisiva.
La bellezza, secondo Bill, non scaturisce mai in modo automatico dal suo solo prefetto funzionamento, ma è essa stessa funzione da dover progettare.
Max Bill, schizzo preparatorio per
“indiphot”- lampada a pendolo
a luce indiretta( disegno 1945/1946)
Lampada a luce indiretta 1945/1946
Successivamente vengono prodotte: la sedia in legno pressato con fessura orizzontale nello schienale e gambe di metallo, dove l’uso del legno rendeva possibile la sperimentazione attraverso le forme libere; e la sedia con rivestimento in vinile, prodotta da Horgen Glarus.
Sedia in legno pressato con fessura
orizzontale nello schienale e gambe
di matallo ( 1950-1951)

Sedia realizzata nel 1952
L’arco di tempo più lungo in assoluto, cinquant’anni, è stato quello che Bill ha dedicato ad un gruppo di opere basate sul concetto di nastro infinito, arrivando allo scoperta che le sue opere non possedevano soltanto un fascino estetico ma anche una originalità scientifica: quelle che lui chiama superfici uniche.
Qui Bill formalizza con successo un'idea matematica con eleganza e
leggerezza, facendoci dimenticare quanto sia pesante il granito bianco.
In questo modo crea un oggetto dinamico costituito da un unico lato, chiamato nastro infinito.
Doppia superficie con sei angoli rettangolari,
realizzata nel 1948-1978
Le superfici uniche di Bill hanno caratteristiche tanto disorientanti quanto affascinanti, ma tuttavia sono composte da una superficie precisa e definita, per esempio la superficie nello spazio rivolta all’interno con due angoli. Egli, unisce gli angoli della superficie a due angoli in un unico corpo con propri angoli interni, un continuum costituito da un'unica linea.
Superficie nello spazio rivolta all’interno con due angoli, realizzata nel 1971
Superficie costituita da ottone dorato, cosa che porta a un’adeguata espressione la loro piatta conformazione.
Superficie nello spazio, realizzato nel 1948-1971
Link di riferimento immagini:

domenica 25 dicembre 2011

Bruno Munari, Artista e designer, ediz. Laterza, Bari....


Artista e designer
Artista o Designer?
Con questo interrogativo Bruno Munari  introduce l’argomento con una “tavola rotonda” immaginaria, intorno alla quale risiedono i massimi pensatori, filosofi, scienziati, artisti, di varie epoche, da Freud a Picasso, da Kant a Mao Tse-Tung, dove ognuno esprime la propria opinione. Vengono esposti vari temi, inizialmente ci si interroga sulla possibilità di definire la bellezza, e le risposte alle tematiche variano da quella di Leon Battista Alberti che dice:
“La Bellezza è l’armonia tra tutte le membra su un complesso di cui fanno parte, fondata su una legge precisa, in modo che non si possa aggiungere o togliere, o cambiar nulla se non in peggio.” Mentre Schelling dirà che: ” La Bellezza è la percezione dell’infinito nel finito.”
Per poi interrogarsi sulla definizione dell’arte, dove figure come Hegel, Degas, Marinetti, Freud, espongono il loro pensiero. Munari non formula alcun giudizio finale al dibattito, lasciando al lettore la possibilità di interpretare le opinioni dei partecipanti a proprio piacere. 

Leggendo il libro emergono con precisione gli interrogativi che si è posto Munari, e sui quali ruota l’intero libro. Il designer progetta secondo l’aspirazione? Il designer e l’artista hanno un comune metodo progettuale? Esistono affinità nel’operare di un artista e di un designer? Pura arte commerciale o designer?
Il designer afferma Munari, non dovrebbe avere uno stile personale ma inventarne di differenti a seconda di quello che vorrebbe comunicare. A differenza dell’artista, che deve essere riconosciuto tramite il suo stile, gli obiettivi del designer sono capire la qualità del prodotto e trovare un’immagine che comunichi quella qualità. Munari scrive: "Mentre l'artista, se deve progettare un oggetto d'uso lo fa nel suo stile, il designer non ha stile alcuno e la forma finale dei suoi oggetti è il risultato logico di una progettazione che si propone di risolvere nel modo ottimale tutte le componenti di un problema progettuale.".
(Bruno Munari, Artista e designer, ediz. GLF Editori Laterza, Bari, VII ediz., Maggio 201o, pag. 28).
A differenza dell'artista, che è vincolato dal suo stile, un buon designer cerca di progettare oggetti che oltre ad avere una bella forma estetica rispondano soprattutto bene alla loro funzionalità. L'artista opera soprattutto in maniera soggettiva, preoccupandosi di mostrare la propria "artisticità", creando opere.
"Il designer non si occupa di pezzi unici e non ha categorie artistiche nelle quali catalogare la sua produzione.. Qualunque problema, sia che si tratti di progettare un bicchiere o un edificio residenziale, ha la stessa importanza. Il designer non ha una visione personale del mondo, nel senso artistico, ma ha un metodo per affrontare i vari problemi di progettazione.". 
(Bruno Munariop. cit., pag. 31). 
Munari scrive:
“Quando un’arista progetta un soggetto a funzione pratica come ad esempio questo letto, si preoccupa soprattutto di costruire qualcosa nel suo stile personale con tutta la fantasia possibile. Thomas Simpson è l’autore di questo letto che è stato esposto in un museo a New York. Si tratta però sempre di un pezzo unico fatto a mano, dipinto con colori acrilici su struttura di legno.

Quando un designer deve progettare qualcosa non lo fa nel suo stile (che non ha). Questo è un letto per neonati, pieghevole e trasportabile, di cartone leggero; può servire per far dormire un neonato su un prato senza che prenda umidità dalla terra. E’ prodotto in serie, costa poco e tutti lo possono comperare.” .(Bruno Munariop. cit., pp. 50-51). 

Secondo Munari quindi, lo "Stile" vincola l'artista e non lo lascia libero di sperimentare e seguire "stili" diversi. Ad oggi il commercio dell'arte vende un prodotto se quel prodotto mantiene delle costanti, ovvero se quello "stile" non cambia.


Quindi, secondo Munari,  l'artista e il designer operano in maniera completamente diversa e agiscono diversamente nelle stesse situazioni. Mentre il primo usa la fantasia per creare il suo quadro o la sua scultura, il designer agisce usando la sua creatività per risolvere i problemi legati alla progettazione. La definizione di Munari sulla fantasia e sulla creatività fanno capire come sia diverso il "metodo" che hanno le due figure. 
Munari scrive: " Il metodo progettuale, non è altro che una serie di operazioni necessarie, disposte in un ordine logico dettato dall'esperienza. Il suo scopo è quello di giungere al massimo risultato col minimo sforzo. (...) Anche nel campo del Design non è bene progettare senza metodo, pensare in modo artistico senza cercando subito un'idea senza prima aver fatto una ricerca per documentarsi su ciò che è già stato fatto di simile a quello che si deve progettare; senza precisarne bene l'esatta funzione." Quindi per Munari: " la Creatività non vuol dire improvvisazione senza metodo: in questo modo si fa solo della confusione e si illudono i giovani a sentirsi artisti liberi e indipendenti. La serie di operazioni del metodo progettuale è fatta di valori oggettivi che diventano strumenti operativi nelle mani di progettisti creativi."
(Bruno Munari, Da cosa nasce cosa,  ediz. GLF Laterza, XIV ediz., Bari, 2009, pp. 16-17).

Riferimenti bibliografici: 
Bruno Munari, Artista e designer, ediz. GLF Editori Laterza, Bari, VII ediz., Maggio 201o.
Bruno Munari, Da cosa nasce cosa,  ediz. GLF Laterza, XIV ediz.,Bari, 2009

Link di riferimento:

mercoledì 14 dicembre 2011

Sottsass and Olivetti

 SOTTSASS AND OLIVETTI
Provate a scrivere Olivetti su Google e il risultato sarà il sottostante…

 ...la maggior parte delle persone, compresa la sottoscritta,  associa il marchio Olivetti a una macchina da scrivere. Bene, Olivetti is not only typewriter! C’è dell’altro… molto altro… Questo grande marchio piemontese oltre che ad una macchina da scrivere è accostato al designer Ettore Sottsass, al quale, intorno al 1958, era stata offerta la possibilità di diventare il designer per la nuova Divisione Elettronica della Società Olivetti. E.S. dice di aver accettato la proposta, purché l’industria lo accettasse come “consulente”. Perché consulente?

“Come si sa, essere consulente significa essere chiamati a dare un parere e (se uno ci riesce) una soluzione, ogni volta che nasce un problema limitato e specifico.” 
(Ettore Sottsass, Scritti 1946-2001, Neri Pozzi Editore, Vicenza 2002, pag.316)

La nuova divisione elettronica doveva essere diretta da Roberto Olivetti e dal punto di vista scientifico dall’ingegnere Mario Tchou (figlio dell’ambasciatore cinese a Roma). Tchou, Sottsass e Roberto Olivetti diventeranno amici inseparabili e certamente anche per questo la banda dell’Elea è andata avanti benissimo. Vi era però un problema di base: “come si raccolgono e come si passano le informazioni dall’industria, dalla fabbrica al consulente e dal consulente alla fabbrica? Chiunque abbia lavorato con un’industria o un istituto di una certa dimensione e complessità, sa molto bene che ‘l’informazione’ non è rappresentata da un numero di dati chiusi, finito, stabile, organizzato nel tempo e nello spazio e raggiungibile con facilità. L’informazione – cioè quell’insieme di dati che servono per sapere che cosa fare, quando farlo, come farlo, con chi farlo, per chi e fino a che punto – in qualunque organismo un po’ complesso per struttura e dimensione, è una specie di polipo senza forma, anzi un polipo che cambia forma senza sosta per l’effetto di energie che premono dall’esterno. L’informazione è una figura dinamica sulla quale – se uno la vuole possedere – gli occhi devono essere sempre fissi; una figura con la quale si è costretti a colloquiare in permanenza. L’informazione, per chi la vuole possedere, richiede una pazienza da cacciatore, richiede a volte aggressività, richiede invenzione, a volte richiede il colpo di mano e richiede soprattutto ‘ il potere’ per essere trovata e tenuta”. (Ettore Sottsass, Scritti 1946-2001, Neri Pozzi Editore, Vicenza 2002, pag.320)
C'è da dire che alla fine degli anni '50 l'Olivetti possedeva una struttura con forte centralizzazione del potere in mano di gruppi molto ristretti, e proprio Sottsass era finito nel gruppo delle poche persone che possedevano gran parte del potere centrale!
Bene, Sottsass inizia con quello che sarebbe diventato il suo primo Compasso d’Oro, l’ELEA 9003, una tappa importante sia per il lavoro di Sottsass che per il design in generale. Qui di seguito alcuni suoi disegni-appunti ...
 
Come già detto OLIVETTI è MACCHINA DA SCRIVERE:
  
TEKNE3 Il design della Tekne segue linee verticali e orizzontali semplici ed elementari che corrispondono agli assi del corpo dell’operatore.  

      

Un’altra macchina da scrivere elettrica  fu la Praxis 48. Seguirono quelle portatili:  Lettera DL, la rinomata Valentine e Lettera 36.
  Praxis 48
Lettera DL
Valentine
 

Lettera 36




















SOTTSASS AND CALCULATORS 

Logos 27






 

MC 24


Summa 19   


  Divisumma 26

Negli anni ’60 la Olivetti si scontrava con un grave problema industriale. Doveva passare dalle macchine da calcolo a tecnologia meccanica a quelle a tecnologia elettronica. Questo passaggio toccava pure il design. Da un design di tipo estetizzante si doveva passare a un design più neutro. Da una serie di oggetti isolati si passava a disegnare sistemi di oggetti che dovevano essere in qualche modo collegati tra loro perché erano destinati a disegnare interi ambienti di lavoro… 


...Synthesis  45

Il design dei mobili della Serie 45, progettata da Ettore Sottsass e altri designer a partire dal 1972, riscuote un buon successo sul mercato europeo. Nel 1974 una prolungata campagna pubblicitaria della ditta Conran, unico distributore della Serie 45 in Gran Bretagna, fa leva sul design dei mobili della Olivetti Synthesis.

  Sedia Z9/r per dattilografia, disegnata da Ettore Sottsass.


 Modularità della Serie 45 consente una grande varietà di soluzioni di arredamento.





















 
  Manifesto con accessori da ufficio



 

Due classificatori verticali alti 77 cm con l’aggiunta di tavolini e sedie prodotte dalla Olivetti Synthesis consentono di realizzare in modo semplice questo posto di lavoro. 
Il primo schedario orizzontale.
Questo prodotto, affiancato in seguito da una vasta gamma di mobili e arredamenti per ufficio, ha dato il via a un nuovo settore di attività della Olivetti. Gli schedari orizzontali hanno riscosso un notevole successo e sono rimasti in produzione per diversi decenni. L'insieme di queste attività assume una certa importanza e soprattutto ha un carattere nettamente distinto da quello delle macchine per scrivere e delle telescriventi che in quel momento sono i principali prodotti dell'offerta Olivetti. Con i mobili non è questione di meccanica fine, che richiede alta precisione e piccoli componenti, ma di lavorazione di grandi superfici di lamiera d'acciaio.
 La produzione di classificatori verticali Olivetti  viene quindi sviluppata con una molteplicità di modelli rispondenti alle più diverse esigenze – per formato e tipologia dei documenti – di archiviazione. L’immagine si riferisce a un classificatore per documenti di formato A3 ed evidenzia diverse soluzioni delle cartelline sospese contenute in ogni cassetto.
   ...Icarus 


   
 La Serie Icarus, disegnata da Ettore Sottsass e Michele De Lucchi, si caratterizza per un largo impiego di materiali plastici e per un elevato grado di modularità e componibilità di diverse soluzioni di arredamento. 

Ettore Sottsass, Scritti 1946-2001, Neri Pozzi Editore, Vicenza 2002