Con questo
interrogativo Bruno Munari introduce
l’argomento con una “tavola rotonda” immaginaria, intorno alla quale risiedono i massimi pensatori, filosofi,
scienziati, artisti, di varie epoche, da Freud a Picasso, da Kant a Mao
Tse-Tung, dove ognuno esprime la propria opinione. Vengono esposti vari temi,
inizialmente ci si interroga sulla possibilità di definire la bellezza, e le
risposte alle tematiche variano da quella di Leon Battista Alberti che dice:
“La
Bellezza è l’armonia tra tutte le membra su un complesso di cui fanno parte,
fondata su una legge precisa, in modo che non si possa aggiungere o togliere, o
cambiar nulla se non in peggio.” Mentre
Schelling dirà che: ” La
Bellezza è la percezione dell’infinito nel finito.”
Per poi
interrogarsi sulla definizione dell’arte, dove figure come Hegel, Degas,
Marinetti, Freud, espongono il loro pensiero. Munari non formula alcun giudizio finale al dibattito, lasciando al lettore la possibilità di
interpretare le opinioni dei partecipanti a proprio piacere.
Leggendo il
libro emergono con precisione gli interrogativi che si è posto Munari, e sui
quali ruota l’intero libro. Il designer
progetta secondo l’aspirazione? Il
designer e l’artista hanno un comune metodo progettuale? Esistono affinità nel’operare di un
artista e di un designer? Pura arte commerciale o designer?
Il designer
afferma Munari, non dovrebbe avere uno stile personale ma inventarne di
differenti a seconda di quello che vorrebbe comunicare. A differenza
dell’artista, che deve essere riconosciuto tramite il suo stile, gli obiettivi
del designer sono capire la qualità del prodotto e trovare un’immagine che
comunichi quella qualità. Munari scrive: "Mentre
l'artista, se deve progettare un oggetto d'uso lo fa nel suo stile, il designer
non ha stile alcuno e la forma finale dei suoi oggetti è il risultato logico di
una progettazione che si propone di risolvere nel modo ottimale tutte le
componenti di un problema progettuale.".
(Bruno Munari, Artista e designer, ediz. GLF Editori Laterza, Bari, VII ediz., Maggio 201o, pag. 28).
A differenza
dell'artista, che è vincolato dal suo stile, un buon designer cerca di
progettare oggetti che oltre ad avere una bella forma estetica rispondano
soprattutto bene alla loro funzionalità. L'artista opera soprattutto in maniera
soggettiva, preoccupandosi di mostrare la propria "artisticità",
creando opere.
"Il
designer non si occupa di pezzi unici e non ha categorie artistiche nelle quali
catalogare la sua produzione.. Qualunque problema, sia che si tratti di
progettare un bicchiere o un edificio residenziale, ha la stessa importanza. Il
designer non ha una visione personale del mondo, nel senso artistico, ma ha un
metodo per affrontare i vari problemi di progettazione.".
(Bruno Munari, op. cit., pag. 31).
Munari scrive:
“Quando un’arista progetta un soggetto a
funzione pratica come ad esempio questo letto, si preoccupa soprattutto di
costruire qualcosa nel suo stile personale con tutta la fantasia possibile.
Thomas Simpson è l’autore di questo letto che è stato esposto in un museo a New
York. Si tratta però sempre di un pezzo unico fatto a mano, dipinto con colori
acrilici su struttura di legno.
Quando un designer deve progettare qualcosa non lo
fa nel suo stile (che non ha). Questo è un letto per neonati, pieghevole e
trasportabile, di cartone leggero; può servire per far dormire un neonato su un
prato senza che prenda umidità dalla terra. E’ prodotto in serie, costa poco e
tutti lo possono comperare.” .(Bruno Munari, op. cit., pp. 50-51).
Secondo Munari quindi, lo
"Stile" vincola l'artista e non lo lascia libero di sperimentare e
seguire "stili" diversi. Ad oggi il commercio dell'arte vende un
prodotto se quel prodotto mantiene delle costanti, ovvero se quello
"stile" non cambia.
Quindi, secondo Munari, l'artista e
il designer operano in maniera completamente diversa e agiscono diversamente
nelle stesse situazioni. Mentre il primo usa la fantasia per creare il suo
quadro o la sua scultura, il designer agisce usando la sua creatività per
risolvere i problemi legati alla progettazione. La definizione di Munari sulla
fantasia e sulla creatività fanno capire come sia diverso il "metodo"
che hanno le due figure.
Munari scrive: " Il metodo progettuale, non è altro che una serie di operazioni necessarie, disposte in un ordine logico dettato dall'esperienza. Il suo scopo è quello di giungere al massimo risultato col minimo sforzo. (...) Anche nel campo del Design non è bene progettare senza metodo, pensare in modo artistico senza cercando subito un'idea senza prima aver fatto una ricerca per documentarsi su ciò che è già stato fatto di simile a quello che si deve progettare; senza precisarne bene l'esatta funzione." Quindi per Munari: " la Creatività non vuol dire improvvisazione senza metodo: in questo modo si fa solo della confusione e si illudono i giovani a sentirsi artisti liberi e indipendenti. La serie di operazioni del metodo progettuale è fatta di valori oggettivi che diventano strumenti operativi nelle mani di progettisti creativi."
(Bruno Munari, Da cosa nasce cosa, ediz. GLF Laterza, XIV ediz., Bari, 2009, pp. 16-17).
Riferimenti bibliografici:
Bruno Munari, Artista e designer, ediz. GLF Editori Laterza, Bari, VII ediz., Maggio 201o.
Bruno Munari, Da cosa nasce cosa, ediz. GLF Laterza, XIV ediz.,Bari, 2009
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