x

cecilia polidori TWICE DESIGN LESSONS - http://ceciliapolidorideisgnlezioni2.blogspot.com

CECILIA POLIDORI TWICE DESIGN - http://ceciliapolidoritwicedesign.blogspot.com

CECILIA POLIDORI TWICE DESIGN 2 -http://ceciliapolidoritwicedesign2.blogspot.com

CECILIA POLIDORI TWICE DESIGN 3 - http://ceciliapolidoritwicedesign3.blogspot.com

CECILIA POLIDORI TWICE DESIGN 4 - http://ceciliapolidoritwicedesign4.blogspot.com

CECILIA POLIDORI TWICE DESIGN 5 - http://ceciliapolidoritwicedesign5.blogspot.it

c p English version

c p English version
c p English version

capodanno a new york 2012 foto cecilia polidori

capodanno a new york 2012 foto cecilia polidori
capodanno a new york 2012 foto cecilia polidori

"Si continua ad abbandonare qualcosa. Si continua a dire addio. Il problema, forse, è cercare d'inventare nuove perfezioni, pensare che ogni momento è una perfezione che comunque si può perfezionare..."

Ettore SOTTSASS, Scritto di notte, maggio 2010

"Si procede per tentativi, valutando empiricamente le diverse soluzioni possibili..."

Enzo MARI, 25 modi per piantare un chiodo, marzo 2011

la foto di fondo è un autoritratto dell'Autrice all'esterno di The Cloud Gate, AT&T Plaza, Millenium Park, S Michigan Ave, Chicago, Illinois, comunemente chiamato The Bean, il Fagiolo,agosto 2011

Visualizzazioni totali

Cerca nel blog

domenica 20 novembre 2011

Bruno Munari e l'Arte programmata

Bruno Munari (Milano 1907 – 1998) 
"Il compito dell'artista è quello di comunicare agli altri uomini un messaggio poetico, espresso con forme, con colori, a due o a più dimensioni, con movimento; senza preoccuparsi a priori se quello che verrà fuori sarà pittura o scultura o un'altra cosa ancora (come le macchine inutili o le proiezioni) purché contenga questo messaggio e purché questo messaggio parli, si faccia capire da un minimo di persone."             [Bruno Munari, 1957]                                                                                                                                                                                                                                        Tratto da Pittura italiana del dopoguerra (1945-1957), di Tristan Sauvage, Schwarz Ed., Milano, 1957 
B. Munari suona la sua macchina aerea
È stato uno dei massimi protagonisti dell'arte, del design e della grafica del XX secolo, dando contributi fondamentali in diversi campi dell'espressione visiva (pittura, scultura, cinematografia, design industriale, grafica) e non visiva (scrittura, poesia, didattica) con una ricerca poliedrica sul tema del movimento, della luce e dello sviluppo della creatività e della fantasia nell'infanzia attraverso il gioco. Bruno Munari è figura leonardesca tra le più importanti del novecento italiano.  Bruno Munari, 
il perfettissimo domina la scena milanese degli anni cinquanta-sessanta; sono gli anni del boom economico in cui nasce la figura dell’artista operatore-visivo che diventa consulente aziendale e che contribuisce attivamente alla rinascita industriale italiana del dopoguerra. 
Munari (Bum) partecipa giovanissimo 
al movimento futurista, dal quale si distacca con senso di levità ed umorismo, inventando 
la macchina aerea (1930), il primo mobile nella storia dell'arte, e le macchine inutili (1933). Verso la fine degli anni ‘40 fonda il MAC (Movimento Arte Concreta) che funge da coalizzatore delle istanze astrattiste italiane prospettando una sintesi delle arti, in grado di affiancare alla pittura tradizionale nuovi strumenti di comunicazione ed in grado di dimostrare agli industriali la possibilità di una convergenza tra arte e tecnica. Nel 1947 realizza Concavo-convesso, una delle prime installazioni nella storia dell'arte, quasi coeva, benché precedente, all'ambiente nero che Lucio Fontana presenta nel 1949 alla Galleria Naviglio di Milano. E' il segno evidente che la problematica di un'arte (arte programmata) che si fa ambiente e in cui il fruitore è sollecitato, non solo mentalmente, ma in modo ormai multi-sensoriale, è ormai matura. È considerato uno dei principali protagonisti dell’arte programmata e cinetica, ma sfugge per la molteplicità delle sue attività e per la sua grande ed intensa creatività ad ogni definizione, ad ogni catalogazione. 



Il pittore dei coni:
“Bum non ha che diciannove anni ed è milanese, e si chiama, al secolo, bruno munari... con la b e la m minuscole, come si può leggere nella sua carta da visita. Disegnatore meccanico e innamorato della sua tecnica, egli ha cominciato tre anni or sono a trarre dalla semplicità di linee che vedeva nei complicati congegni, gli elementi di un arte, che pur inquadrandosi nella catena futurista, ha già manifestazioni simpaticamente personali, attraverso una limpida sensibilità umoristica, aderente alla vita che si svolge sotto gli occhi osservatori dell'artista.[1]”



[1]    Tratto da “Il pittore dei coni”, LA Domenica del Corriere n. 42 del 16 ottobre 1927, ora in “Air Made Visible: A Visual Reader on Bruno Munari”, Claude Lichtenstein, Alfredo Haberli, Lars Müller Publisher, 2000.

Il passato futurista di Bruno Munari :
Bruno Munari, Pubblicità a scoppio, bozzetto per L'Almanacco dell'Italia Veloce,
Ed. Metropoli, Milano, 1930.
Nella sua attività di pittore futurista, dallo scorcio degli anni Venti, Munari viene sviluppando anche un particolare impegno nell'ambito della progettazione grafica, della quale i segni sparsi sono ancora in sostanza da rintracciare, e tuttavia emergono con significativa presenza. Nell'ordine della grafica pubblicitaria si possono ricordare almeno i due bozzetti nello “specimen” de L'Almanacco de L'Italia Veloce, che doveva essere pubblicato nel 1931. Mentre nel 1932 è la pubblicazione de Il Cantastorie Campari, con le sue “figurazioni grafiche”. D'altra parte nell'ambito della grafica editoriale si può ricordare almeno la sua presenza nella seconda delle famose  “litolatte” di Tullio d'Albisola, L'anguria lirica, edita nel 1933; come i suoi interventi grafici in Il poema del vestito di latte di Marinetti edito nel 1937[1].
[1]    Tratto dal catalogo “Ricostruzione futurista dell'universo”, op. cit., pag. 396
Il periodo giovanile, di impianto futurista, di Munari è ancora oggi da indagare nel suo complesso, sia per le influenze che certe idee ebbero sul Munari più maturo, sia perché la sua presenza nel cosiddetto secondo futurismo non fu certo marginale. Munari, da Marinetti ritenuto il giovane più brillante del gruppo milanese, e per questo stimolato ad avere un'idea creativa nuova ogni giorno, si distingue per l'originalità e la maturità con la quale riconosce i limiti stessi del movimento, nonché per la capacità di sperimentare, in massima libertà, materiali ed idee, realizzando opere che difficilmente possono essere definite scolastiche. Molti sono i temi che Munari sviluppa in questi anni, spesso in modo sincronico, e che andrebbero indagati adeguatamente, riportandoli a quegli sviluppi futuri che hanno reso così importante il percorso artistico di Munari. Nel 1930 è solo un giovane di belle speranze, forse il migliore, come aveva già intuito Marinetti che lo sprona ogni giorno ad inventare qualcosa di nuovo; lo spazialismo di Fontana è ancora lontano dall'arrivare (il manifesto blanco è del 1946); gli echi della Bauhaus e dei libri della scuola non sono ancora arrivati a Milano (la libreria Salto importatrice di queste istanze aprirà qualche anno dopo nel 1933); mentre il giovane Calder a Parigi incontra Mondrian e ne viene folgorato, in Munari è già matura l'idea di sculture mobili, di composizioni con forme geometriche in movimento, ed è già determinata la consapevolezza sulla inadeguatezza della tela come supporto. 
Munari dunque arriva prima di altri all'idea di una pittura in movimento, le cui forme sono in funzione del tempo. I suoi precursori, come vedremo, sono davvero pochi e non certo quelli che si ritengono a torto i capostipiti di una pittura mobile. 

macchina aerea 1930 schizzo
Bruno Munari, disegno di macchina aerea, 1931 












Le macchine inutili:
Munari macchina inutile da giardino n. 21
Mettiamoci prima d’accordo sulla funzione delle macchine inutili: che siano macchine non c’è dubbio, dato che è una macchina la leva, volgarmente detta “quel pezzo di ferro lì”. Resta da chiarire l’aggettivo “inutile”: inutili perché non fabbricano, non eliminano manodopera, non fanno economizzare tempo e denaro, non producono niente di commerciabile.Non sono altro che oggetti mobili colorati, appositamente studiati per ottenere quella determinata varietà di accostamenti, di movimenti, di forme e di colori. 
Oggetti da guardare come si guarda un complesso mobile di nubi dopo essere stati sette ore nell’interno di un’officina di macchine utili.Le prime macchine inutili erano più complicate e con movimenti limitati o perturbatori, mentre queste ultime, semplificate, trovano il loro motore nei fenomeni naturali, come spostamenti d’aria, sbalzi di temperatura, umidità, luce e ombra, ecc., assumendo l’aspetto di vita propria paragonabile al movimento delle erbe di un campo, al mutare delle nuvole, al rotolare di un sasso in un ruscello. Vi possono essere macchine lentissime o velocissime, con infinita varietà di movimenti, macchine da giardino, da casa, appese al soffitto, galleggianti in un laghetto, da tavolo, da terrazza e forse tascabili. L’importante è che siano assolutamente inutili.
Concavo-Convesso 1946-1947 
Munari nello studio,
in alto 
concavo-convesso 

[fotografia pubblicata
 su Munari '50,
M. Meneguzzo, Corraini Ed.] 

La problematica di un'arte che diventa ambiente, in cui il fruitore è sollecitato non solo mentalmente, ma in modo totale, è ormai matura. Solo qualche anno più tardi Munari declinerà, in pieno periodo di attività con il MAC, l'installazione con l'arte cinetica, instabile, smaterializzata nelle proiezioni di luci, texture ed ombre (proiezioni dirette 1950, proiezioni polarizzate 1953), chiedendo allo spettatore una partecipazione emotiva completa.
Dopo la macchina aerea del 1930 e le macchine inutili ancora una volta l'idea centrale è quella di un'opera d'arte mobile, il cui volume nello spazio è in funzione del movimento stesso e le cui ombre sono disegni mutevoli, moirè, texture virtuali, in lento movimento ad ogni spiffero d'aria.
Dopo l'Ora X, uno dei primi oggetti seriali di arte cinetica nella storia dell'arte, Munari ritorna con forza sull'argomento, fornendo materiale di riflessione anche a tutti gli artisti cinetici che qualche anno dopo riprenderanno queste tematiche con ambienti o installazioni; si pensi alle opere di Gianni Colombo, che con franchezza ebbe a dichiarare siamo tutti figli di Munari, o a quelle con le quali Julio Le Parc vinse la Biennale di Venezia nel 1968. Nel 1969 Munari preoccupato della errata considerazione critica del suo lavoro artistico, tuttora spesso confuso con altri generi (didattica, design, graphic design) ha scelto la storica d’arte Miroslava Hajek per curare una selezione delle sue opere d’arte più importanti. La raccolta, strutturata cronologicamente, illustra la sua continua creatività, coerenza tematica e l’evoluzione della sua filosofia estetica fino alla sua morte.Durante gli anni '70, dato il maggiore interesse rivolto alla didattica vera e propria e alla scrittura, la produzione artistica in senso stretto si andò diradando, per riprendere solo alla fine del decennio. Nel 1979 realizzò uno spettacolo di luce per il Teatro comunale di Firenze. Negli anni '80 e '90 Munari prosegue nell'esplorazione creativa con gli "olii su tela" (del 1980 e riproposti con una sala personale alla Biennale di Venezia nel 1986), le sculture "filipesi" nel 1981, i "rotori" nel 1989 e le sculture "alta tensione" del 1990-91, gli ideogrammi materici "alberi" del 1993. Nelle ultime opere si va accentuando la dimensione privata, che ha un riscontro parallelo nella vasta produzione di libri a tiratura limitata stampati con Maurizio Corraini per amici e bibliofili.

Link di riferimento testo:
http://www.munart.org/index.php?p=1
Riferimenti bibliografici:
Bruno Munari: Futurismo e oltre …
Appunti degli avvenimenti: 1927 - 1940
Immagini tratte da:
 Show room Olivetti a Milano nel 1962
      Torre/campanile eretta in Piazzetta reale alla cui il Gruppo T                                     
 fu assegnata la realizzazione dell'immagine cinetico cromatica costituita da grandi pannelli colorati movimentati dalle correnti atmosferiche.

 Rotolineare (1961)
 Gabriele Devecchi (gruppo T) 


                            


  
 Un tubo in metacrilato trasparente attraversato da segmenti che per forza di gravità scorrono verso il basso e per rotazione
 riportati in alto da cui ricadono ciclicamente .
L'Arte Programmata nasce in Italia agli inizi degli anni Sessanta. Il termine viene usato la prima volta da uno degli esponenti principali del movimento, Bruno Munari, in occasione della mostra chiamata appunto "Arte Programmata", organizzata a Milano nel 1962 all'interno di un negozio Olivetti. Le componenti alla base delle ricerche dell'Arte programmata sono in sostanza due. Da un lato c'è l'interesse per processi ideativi diversi che si avvicinino ai nuovi sistemi produttivi, dall'altro il desiderio di sottrarsi alle regole del mercato dell'arte che privilegia l'opera unica e irripetibile e che, nel momento stesso in cui mercifica il prodotto, mortifica gli intenti culturali e sociali di chi lo ha realizzato: 

"L'opera artistica non può essere un pezzo unico, ma bisogna mirare alla serialità per dare così la possibilità a più persone di possedere un'opera d'arte anche se riprodotta"
 (B. Munari).

In queste opere di arte programmata gli elementi base che, assieme alle combinazioni cinetiche edottiche, daranno vita alla serie continua di immagini, sono allo stato libero oppure disposti oggettivamente in schemi ordinati geometricamente in modo tale che ne nasca il maggior numero di combinazioni, spesso imprevedibili nelle loro mutazioni ma tutte programmate secondo lo schema progettato dall'autore.
Alcune opere:

Parata luci 

(1962) Milano.
Bruno MunariGruppo TLivio CastiglioniVittoriano Viganò

        

                                    

Riferimenti bibliografici:
Domus n. 422, gennaio 1965
ARTE PROGRAMMATA di L. Vinca Masini

Link di riferimento testo:


Immagini tratte da: